The Böyük Daş mountain is one of the three promontories included in the Natural Historical Artistic Reserve of Gobustan. With its terraced profile and big boulders scattered around the different terraces, it preserves thousands of engravings with a very long chronology. Its rock art includes several figurative categories: zoomorph, anthropomorph, boat, symbol. Here is presented a brief guide to visit the Böyük Daş hill, in Gobustan Rock Art Reserve.
Il monte di Böyük Daş è uno dei tre promontori inclusi nella Riserva Naturale Storico-Artistica di Gobustan, Con il uso profilo terrazzato e una serie di grossi massi sparsi lungo le sue terrazze, conserva migliaia di figure incise di cronologia molto ampia e appartenenti a varie categorie figurative: zoomorfi, antropomorfi, imbarcazioni, simboli. Ecco una breve guida per visitare l’area di Böyük Daş, all’interno della Riserva di Arte Rupestre di Gobustan.
by Dario SIGARI [i]
L’arte rupestre di Böyük Daş
in Gobustan, Azerbaijan
Una breve guida
Dario SIGARI [i]
NB: Tutte le foto, eccetto dove specificato, sono dell’autore del presente contributo e concesse a Tracce. Il loro uso è libero, a condizione di citare la fonte.
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La Riserva Nazionale Storico-Artistico-Naturale del Gobustan si trova a 60km circa a sud di Baku, capitale dell’Azerbaijan (fig. 1). Fondata nel 1966, la scoperta delle sue incisioni e quindi del patrimonio archeologico risale agli anni ’30 (fig. 2). Essa si affaccia sul Mar Caspio e costituisce l’ultimo sperone roccioso del Grande Caucaso nella sua porzione sud-orientale, collocandosi proprio come punto d’incontro tra Caucaso e mar Caspio (Sigari, 2009b). Dal 1939 Djafarsade inizia un’opera sistematica di catalogazione dell’arte rupestre del Gobustan, pubblicata nella preziosa opera del 1973 ”Gobustan. Qayaüstü rəsmləri” (Djafarsade, 1973) (fig. 3). Dagli anni ’60 il lavoro di ricerca nella zona fu sistematizzato da Rustamov e Muradova con scavi e catalogazione dell’arte rupestre (Farajova, 2009; Rustamov, 2006; Sigari, 2009a). Nel 2007 il Gobustan entra nella World Heritage List dell’UNESCO (Farajova, 2009; Sigari, 2009a).
Il territorio della Riserva Nazionale del Gobustan racchiude tre promontori, da sud a nord: Kiçik Daş (“Piccolo Sasso”), Böyük Daş (alla lettera “Gran Sasso”) e Jinghirdag Yazili Tepe, per una superficie totale di 537ettari (fig. 4), e ricade in una regione semiarida, pressappoco pianeggiante, ma interessata da piccoli promontori, due caratterizzati da una cima piatta, dovuta anche alle attività di cava svoltesi fino a metà ‘900 (fig. 5), e vari vulcani di fango (fig. 6). I profili a terrazzi di Kiçik Daş e Böyük Daş, la copertura delle rocce costituita da uno spesso strato di biocalcarenite che include numerosi fossili di Didacna sp., suggeriscono un’azione modellante il paesaggio da parte del mar Caspio che oggi si trova a soli 4km circa in linea d’aria (Sigari, in press) (fig. 7).
I terrazzi di Kiçik Daş e Böyük Daş presentano una gran quantità di grossi blocchi di roccia crollati dalle pareti e casualmente distribuiti (vedi fig. 7). In molti casi essi hanno costituito ripari preferenziali per chi abitò questa zona, ma non si sono conservati in posizione originaria come testimoniato da tanti casi in cui si ritrovano immagini capovolte, o coperte da altri blocchi (Fossati, 2004; Sigari, 2009b) (fig. 8).
La collina di Böyük Daş (fig. 9) è, delle tre zone con concentrazione di arte rupestre, l’unica ad oggi musealizzata con un percorso di visita, anche con guida. Consta di numerose rocce graffite, non ancora censite interamente.
Su questa collina son stati eseguiti alcuni saggi di scavo nei decenni passati presso quelle che son definite “grotte”, sebbene siano ripari più chiusi rispetto ad altri. Da questa zona potrebbero quindi emergere interessanti dati circa il rapporto tra stratigrafia archeologica ed arte rupestre, ottenendo così una cronologia dei petroglifi. Ad oggi, però, riferimenti concreti rispetto alla stratigrafia non ne abbiamo. Pertanto lo studio dell’arte rupestre del Gobustan si basa esclusivamente in linee generali sulla tipologia dei reperti di scavo, che sembrano riferirsi a diversi momenti cronologici sin dal Paleolitico superiore. Di recente si è provato a meglio incrociare anche i dati circa lo studio dei moti eustatici del Caspio, con la distribuzione spaziale dei petroglifi (Sigari, n.d.).
La collina di Böyük Daş presenta due terrazzi principali, più il livello a quota circa 0 m s.l.m. Qui, lungo la strada che conduce verso il terrazzo superiore si trova la struttura del nuovo museo, inaugurato il 26 dicembre 2011 , dove si acquistano i biglietti e inizia il percorso guidato. (fig. 10)
Il museo si articola su due piani in cui vengono illustrate le diverse fasi di abitazione della regione, attraverso anche ricostruzioni. Qui si trovano esposti una piccola parte dei reperti ad oggi trovati. Infatti, ad oggi, più di 100.000 ritrovamenti son stati recuperati dalle attività di scavo condotte nei decenni passati (Farajova, 2009; Rustamov, 2006; Sigari, 2013). Sono esposti manufatti ossei (fig. 11) e litici (fig. 12), tra questi una vetrina a parte è dedicata ad una supposta venere in pietra (fig. 13), ritrovamenti faunistici, ceramiche, e anche blocchi rocciosi incisi.
Per la visita alle incisioni invece si risale la montagna a piedi o in automobile fino a giungere in un’area di accoglienza.
Poco prima di arrivare all’ingresso della zona musealizzata, si incontrano alcune rocce incise, es. la Roccia (d’ora in avanti R) 24, con un’imponente composizione di antropomorfi schematici in posizione orante (fig. 14), ma anche un grosso masso interamente coperto da fossili di Didacna sp., che risulta essere un importante testimone di un paesaggio completamente differente rispetto a quello che vediamo oggi (fig. 15).
La visita all’arte rupestre di Böyük Daş si limita al terrazzo superiore, dove si trovano alcune di quelle che son chiamate comunemente “grotte”, da sud a nord: Ana Zaga, Öküzlar, Ovçular, e che conservano le concentrazioni maggiori di incisioni. (fig. 16)
Le categorie figurative maggiormente rappresentate sulle rocce di questa collina sono: antropomorfi maschili, in larga misura dei cd. guerrieri o cacciatori (fig.17), e femminili (fig. 18); cavalli (fig. 19); bovidi (fig. 20a-b); capridi (fig. 21); barche (fig. 22); simboli (fig. 23); uccelli (fig. 24); cervi (fig. 25). E tra gli elementi di maggior interesse sicuramente c’è un’iscrizione romana che si trova ai piedi della montagna non molto distante dalla struttura museale (fig. 26).
La visita inizia dalle pietre sonanti chiamate Gavaldaş (fig. 27), e si passa poi alla R67, uno dei simboli del parco su cui si nota una doppia teoria di antropomorfi comunemente interpretati come danzanti un ballo tipico, Yallı (fig. 28).
R67 domina il lato meridionale della più imponente R29, che forma, con l’opposta R30 e la sovrapposta R31, Ana-Zaga (trad. la grotta della madre).
Ana-Zaga si compone di un’antegrotta (29) e una parte più interna. Questa distinzione è data dalla posizione di R31 che poggia su uno spigolo, rivelando una superficie in parte incisa, che fronteggia la superficie settentrionale di R29, mentre un altro spigolo, poggiante su R30 dà il limite di ingresso alla parte interna della grotta.
L’antegrotta è principalmente caratterizzato dal grande pannello di R29, che conserva uno dei palinsesti più ricchi e interessanti per la comprensione delle fasi figurative e stilistiche. Tra i soggetti rappresentati vi sono: barche, bovidi, antropomorfi maschili e femminili, ognuno con caratterizzazioni stilistiche differenti che segnano così il susseguirsi delle varie fasi insediative e delle corrispondenti tendenze stilistiche. L’importanza di questa parete è stata ben sottolineata in (Anati, 2001) che appunto la utilizza per ricavarne un abbozzo di cronologia relativa, seppur con numerose lacune e alcuni errori interpretativi. Il gran numero di silhouette femminili hanno poi dato il nome alla grotta definita come grotta della madre (fig. 30). R29 risulta interessata da incisioni anche sulle pareti meridionale ed orientale. Degna di interesse è anche una figura di antropomorfo con possibile copricapo, che si trova nella porzione orientale del lato nord di R29. (fig. 31)
La parete orientale, essendo molto esposta, è molto rovinata e poche sono le incisioni riconoscibili. Buona parte di esse, es. degli antropomorfi schematici e una figura di cervo, sembrano di età protostorica, mentre più enigmatica è una figura geometrica (fig. 32) che si trova al lato di un grande guerriero, formata da una serie di tre linee con andamento sinuoso che risultano posi simmetriche rispetto ad un asse centrale. La composizione è però data da alcune sovrapposizioni ancora inedite e che necessiterebbero uno studio ulteriore.
La parete meridionale di R29 spiccano una figura di barca solare, la cui prua o poppa sfrutta un’accidentalità naturale della roccia (fig. 33). Questa figura è sovrapposta a due antropomorfi e uno zoomorfo. Tuttavia, la visibilità di questa barca è anche dovuta all’utilizzo che si è fatto negli anni ’70 dello scorso secolo, di pasta dentifricia per riempire i solchi delle incisioni e rendere così queste più visibili. A distanza di quattro decenni si può vedere l’effetto corrosivo di questo prodotto che ha compromesso molti petroglifi, su molte rocce.
Al di sotto della barca vi sono quattro grandi guerrieri, uno dei quali sormontato da un motivo a zig-zag interpretato come simbolo della pioggia (fig. 34). Questa parete di R29 fu incisa prima del crollo del masso che vi si poggia contro e questo è testimoniato dalla presenza di un antropomorfo che si intravede proprio sotto questo blocco crollato. Si può anche avanzare l’ipotesi di una posizione primaria di tutta R29 per alcune sue incisioni che si trovano al di sotto del piano di calpestio e che appena fuoriescono. Queste sono visibili sia sul lato meridionale, sia su quello settentrionale. Stessa cosa dovrebbe essere per l’opposta R30, la cui parete meridionale risulta essere stata liberata da attività di scavo archeologico. Il limite del piano di calpestio è visibile per il cambio netto di colore che si riscontra sulla roccia (fig. 35).
R30, per la sua superficie meridionale, che si manifesta nella sua grandiosità addentrandosi nella parte interna della grotta presenta due principali categorie figurative: bovidi e antropomorfi maschili (vedi fig. 35). Qui le incisioni si trovano fino ad altezze elevate.
Sulla parete orientale invece si notano delle figure di imbarcazioni, degli antropomorfi e zoomorfi. Così come per R29, questa superficie esposta ad est si presenta molto danneggiata e di difficile lettura.
Assai interessante è una figura che si trova sulla superficie meridionale di R30, appena entrati in grotta. È uno zoomorfo di cui si può ben apprezzare il solco incisorio originale nella sua profondità, e che rivela una manualità sicura nel tratto figurativo e nel gesto (fig. 36).
Seguendo il percorso di visita, da Ana Zaga ci si dirige verso la grotta dei tori, Öküzlar, formata dalla prossimità di R41 e R42. Anche questa grotta come la precedentemente descritta e la grotta dei cacciatori, Ovçular, che include le R45 e R46, si apre ad oriente, verso il mar Caspio.
La grotta dei tori, così denominata poiché sul lato orientale della R42 vi sono due grandi figure di bovidi (fig. 37), ha un palinsesto piuttosto ridotto se confrontata a quello di Ana Zaga, ma riporta alcuni tra i petroglifi più caratterizzanti l’arte rupestre del Gobustan: una scena di due capridi che si fronteggiano muso a muso (fig. 38) e due antropomorfi genericamente interpretati come la coppia primordiale (fig. 39). I due, di dimensioni notevoli, sono raffigurati uno accanto all’altro a gambe e braccia aperte. Le loro mani quasi si toccano e hanno evidenziate le dita. Le gambe dei due antropomorfi sono raffigurate secondo lo stile utilizzato per i guerrieri e/o alcune figure femminili, ovvero con un profilo ad “S” con cosce grosse. Tra le gambe del soggetto più interno si nota una linea che all’estremità inferiore presenta quattro coppie di segmenti obliqui che convergono verso la linea verticale. L’altro antropomorfo presenta invece in vita due tratti orizzontali. I corpi dei due sono decorati internamente come a raffigurare delle collane o dei colletti di indumenti.
Sulla parete orientale di R42 si trovano: un simbolo geometrico circolare e internamente decorato con una teoria di linee (fig. 40); due grandi bovidi in fila (vedi fig. 37), e davanti al muso del primo bovide si riconoscono una protome di bovide, che sfrutta una crepa naturale per definire l’occhio) (fig. 41) e la cd. scena del naufragio. In realtà si tratta di un palinsesto figurativo abbastanza fitto, per cui una figura di barca sembra collegarsi ad altre figure risultando apparentemente come una barca spezzata.
Più a nord della grotta dei tori si incontrano le R43 e R44, quest’ultima sistematicamente studiata nel 2009 dall’autore di questa photogallery (Sigari, 2009a). R43 e R44 formano una zona riparata ad ovest e sud. Durante l’attività di ricerca nel 2009 si è notato come R44 non sia in posizione primaria e questo è suggerito da una grande figura di bovide che risulta girata di 90°, con la testa verso il basso (fig. 42). Le figure su questa roccia sono tutte disposte attorno alla cavità centrale causata dall’erosione marina. Si segnalano bovidi, antropomorfi, un equide e un piccolo zoomorfo al di sopra della cavita in posizione centrale (fig. 43).
R43 riporta una bellissima silhouette femminile (fig. 44) e un bovide giusto ai suoi piedi. Nella zona più occidentale della parete si trova un elegante zoomorfo, raffigurante un capride (fig. 45).
Continuando il percorso di visita si giunge alla grotta Ovçular, dei cacciatori. Questa risulta formata da una roccia collassata che poggia su altri blocchi. Lo spazio sottostante risulta riempito da deposito, potenzialmente archeologico (nel luglio 2015, durante attività di ricerca, è stato trovato uno scarto di lavorazione di selce), in piccola parte comunque scavato nei decenni passati. Questo complesso si arricchisce della presenza di diversi blocchi all’interno della cd. cavità e al di fuori di essa. Nello specifico per questa grotta son state riconosciute e denominate due rocce: 45 e 46. Il complesso di questa gotta si compone però di altre rocce che, nel corso di un’attività di ricerca condotta nel 2015 dall’autore, son denominate, in base alla loro prossimità a R45 o R46 con una lettera a,b,c…(es. vedi fig. 20a) per avere un riferimento più puntuale.
La grotta dei cacciatori è così chiamata per la presenza di una supposta scena di caccia sul lato settentrionale di R45 , che si trova esattamente di fronte ad Ovçular cave, e alcuni arcieri su R46. La scena presente su R45 si compone di tre bovidi in fila, che fronteggiano degli antropomorfi assai stilizzati che impugnano un arco. (fig. 46)
Sulla stessa roccia si notano poi numerosi bovidi ed equidi (fig. 47). Vi sono poi delle silhouette femminili, un simbolo rettangolare campito a reticolo e una teoria di tacche su uno spigolo, fenomeno assai presente in forme di supposta arte rupestre paleolitica in Italia e altri contesti europei. La roccia in questione conserva un gran numero di figure incise, che son state realizzate sfruttando al meglio i pannelli naturali creati dalle spigolature.
Su R46 invece sono stati rappresentati antropomorfi danzanti (fig. 48), seppur in uno stile differente da quello di R67. Si trovano inoltre silhouette femminili, ma di certo salta all’occhio il gran numero di equidi che son stati incisi sulla superficie rivolta all’interno della grotta. Al lato di R46, sebbene Djafarsade (Djafarsade, 1973) la indichi sempre con lo stesso nome, si trova una figura di cinghiale (fig. 49).
Il percorso di visita conduce ad una grande parete, R49, sulla quale campeggiano due grandi bovidi che si fronteggiano e un equide che si sovrappone all’uro più meridionale (fig. 50), ma soprattutto tre grandi silhouette femminili (fig. 51), nella porzione meridionale della parete. Al di sotto di queste figure se ne riconoscono altre riconducibili ad altre categorie, ma son poco visibili: bovidi, antropomorfi maschili.
Sul percorso di ritorno, si trovano, a bordo terrazzo superiore dei sistemi di coppelle, alcune molto grosse che pongono ovvie domande circa la loro funzione (fig. 52).
Come già scritto sopra, ad oggi, manca un censimento completo delle rocce incise e quindi delle incisioni. Qui ci si è limitati a fornire un piccolo supporto ad un’eventuale visita, stando nei percorsi di visita normale. Negli anni ’60, Muradova e Rustamov contarono oltre 6.000 incisioni su più di 1.000 rocce in tutta la zona della Riserva, tuttavia bisogna immaginare che questo dato possa solo aumentare con uno studio sistematico come dimostrato nel lavoro di tesi dell’autore di questo contributo, che contò per la Roccia 44 di Böyük Daş una sessantina di figure, a fronte di sole tre immagini contate e pubblicate da Djafarsade.
Il patrimonio qui conservato si intuisce essere unico per ricchezza e qualità. La sua cronologia appare senza iati significativi, ma si assiste ad una continuità da epoca paleolitica.
Son state proposte diverse indicazioni di seriazione, che però sono assai labili. Si rimanda comunque direttamente alle fonti bibliografiche per un approfondimento a riguardo (Anati, 2001; Djafarsade, 1973; Farajova, 2009; Rustamov, 2006).
Un’indagine archeologica di ampio respiro potrà un giorno offrire una prospettiva migliore circa le fasi cronologiche. Ad oggi ci si può limitare a dire che i moti eustatici del mar Caspio, la distribuzione spaziale delle incisioni, lo stile delle stesse, alcuni rinvenimenti dei vecchi scavi, esposti al museo, sembrano deporre a favore di una fase assai antica risalente almeno al Tardiglaciale. Da allora in avanti, il Gobustan ha sempre avuto un ruolo assai importante per le culture e i popoli che qui son passati, lasciandone tracce sulle rocce.
Info
- Il museo è aperto tutto l’anno, eccetto l’1 gennaio.
- Gli orari di apertura sono: dalle 10 alle 17.
- Durata della visita: 1:30/2 hrs.
- Numero massimo di visitatori: 25 persone per gruppo
- Costo: 2AZN per adulti
1AZN per studenti
5AZN servizio guida per gruppo - Le visite si possono prenotare ma non vi è un sistema
di pre-acquisto dei biglietti. - I riferimenti per le prenotazioni si trovano al sito:
http://gobustan-rockart.az/en
Dario SIGARI
[i] – International Doctorate in Quaternary and Prehistory
– IPHES-Institut de Paleoecologia Humana I Evoluciò Social
– Università degli Studi di Ferrara
– Coop. Arch. “Le Orme dell’Uomo”
Bibliografia
Anati, E. (2001). Gobustan. Azerbaijan. Capo di Ponte (BS): Edizioni del Centro.
Djafarsade, I. M. (1973). Gobustan. Qayaüstü rəsmləri. Baku: Nurlar.
Farajova, M. (2009). Rock Art of Azerbaijan. Baku: Aspoliqraf.
Fossati, A. E. (2004). Gobustan Rock Art. Cultural Landscape – Management Plan. Paris.
Rustamov, D. (2006). Gobustan, the ancient centre of Azerbaijan culture: devoted to the 80th anniversary of archeologist Jafargulu Rustamov. (F. Muradova, Ed.). Baku: Nurlar.
Sigari, D. (n.d.). Portrayal of a sea in a semiarid environment: boat engravings in Böyük Daș, Gobustan. Journal of Arid Environments.
Sigari, D. (2009a). La Roccia 44 di Böyük Daş, nel quadro dell’arte rupestre del Gobustan (Azerbaijan). Elementi per lo studio delle figure zoomorfe di stile paleo-epipaleolitico all’aria aperta. Università degli Studi di Milano.
Sigari, D. (2009b). La roccia 44 di Böyük daş (Gobustan, Azerbaijan): elementi per lo studio delle figure zoomorfe nell’arte rupestre all’aria aperta nell’arco alpino e in Europa. Bullettin d’Etudes Préhistoriques et Archéologiques Alpines, XX, 151–160.
Sigari, D. (2013). Paleolithic rock art in Gobustan, Azerbaijan, The rock 44 of Böyük Das, Gobustan. Journal of Iranian Archaeology, 4, 15–22.
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