Il mondo accademico italiano e straniero deve molto a Battista Maffessoli, artigiano, artista eclettico (pittore e scultore) dalla complessa personalità, guida alle incisioni rupestri per gruppi – sono nell’ordine di migliaia le persone che negli anni ha accompagnato a visitare le incisioni rupestri – e singoli, tra cui vanno annoverati praticamente tutti gli studiosi oggi attivi nelle ricerche dell’arte rupestre della Valcamonica. (PDF available).
by Angelo Eugenio FOSSATI – Le Orme dell’Uomo
I personaggi dell’arte rupestre
della Valcamonica:
Battista Maffessoli di Capo di Ponte
(January 31, 2023)
open PDF version (7 MB)
Il mondo accademico italiano e straniero deve molto a Battista Maffessoli (1929-2006; fig. 1), artigiano, artista eclettico (pittore e scultore) dalla complessa personalità, guida alle incisioni rupestri per gruppi – sono nell’ordine di migliaia le persone che negli anni ha accompagnato a visitare le incisioni rupestri – e singoli, tra cui vanno annoverati praticamente tutti gli studiosi oggi attivi nelle ricerche dell’arte rupestre della Valcamonica. Nativo di Capo di Ponte, Battista Maffessoli, già da ragazzo, si era avvicinato al mondo dell’arte rupestre attraverso i racconti di una zia che gestiva un piccolo albergo in Capo di Ponte: lì aveva risieduto in diverse occasioni Raffaello Battaglia, ispettore della Regia Soprintendenza delle Antichità del Veneto, della Venezia Tridentina e della Lombardia, e che tra i primi – negli anni ’30 – aveva cominciato lo studio scientifico delle incisioni rupestri attorno a Capo di Ponte.
Maffessoli non aveva potuto conoscere il Battaglia e si rammaricava anche di non aver mai incontrato Giovanni Marro, l’antropologo piemontese anch’egli studioso e scopritore di numerose rocce incise in valle durante gli anni ’30 e ’40. Maffessoli ricordava però di aver conosciuto l’allieva prediletta di Marro, Savina Fumagalli, e che sempre definiva “la povera Fumagalli”, come si usa in Lombardia per parlare di qualcuno che è scomparso giovane (la Fumagalli aveva 57 anni quando morì dopo una lunga malattia). Oltre alla Fumagalli, Maffessoli aveva poi incontrato e frequentato assiduamente i due principali studiosi dei primi anni ’50, Gualtiero Laeng – lo scopritore dell’arte rupestre della Valcamonica – ed Emanuele Süss (allora direttore del Museo di Scienze Naturali di Brescia; figg. 2-3). Con loro e con il maestro Giovanni Rivetta (1932- 2019), anch’egli capontino e di pochi anni più giovane di Battista, Maffessoli iniziò quell’attività per cui rimase famoso e di cui era molto richiesto: la produzione di calchi in gesso (figg. 4-6).
Come si osserva in figura 4, il Maffessoli eseguiva i negativi dei calchi direttamente sulle rocce incise, operazione che veniva effettuata in giornate particolarmente soleggiate: il gesso doveva ovviamente avere il tempo di seccare. Maffessoli costruiva appositamente delle cornici in legno – Battista era un abile falegname – spesso di dimensioni standard di circa 40×30 cm, entro cui versava il gesso liquido, ma solo dopo aver spalmato la parte incisa sulla roccia con un distaccante naturale (sapone di Marsiglia). A casa poi, nel suo laboratorio, completava l’operazione eseguendo il calco positivo.
Questi calchi erano spesso realizzati dal Maffessoli per permettere ai ricercatori di avere a disposizione una copia fedele all’originale delle figure che stavano studiando e ai semplici turisti ed appassionati di portarsi a casa un pezzo di storia “camuna” che ricordasse il più possibile da vicino l’originale che essi avevano ammirato nelle visite. I suoi calchi hanno raggiunto studiosi, musei e case private di tutto il mondo sin dagli anni ’50. In questi primi anni di ricerche dopo la seconda guerra mondiale la realizzazione di calchi in gesso appare utile agli studiosi anche per mostrare i risultati delle scoperte al grande pubblico. I più famosi casi dell’utilizzo dei calchi nelle mostre rimangono quelli delle mostre al Castello di Brescia (1954; figg. 7-8), dove si trovavano le riproduzioni dei Massi di Cemmo e di alcune scene presenti su rocce di Naquane, e al Palazzo dell’Arengario del 1962 di Milano dove vennero esposte parti della Grande Roccia di Naquane, oggi esposte al Museo di Nadro.
È noto che Battista Maffessoli fosse richiesto dai ricercatori – italiani e stranieri – come guida alle incisioni rupestri, non solo nel Parco di Naquane, istituito nel 1955, ma anche negli altri siti con incisioni rupestri di Capo di Ponte. Lo testimoniano gli scambi epistolari che Maffessoli aveva con questi ricercatori e le numerose fotografie che lo mostrano durante il lavoro con questi studiosi, per es. in fig. 3, con E. Süss. Spesso questi studiosi erano stranieri, in particolare si ricordano Hercli Bertogg, ecclesiastico riformato di Coira nei Grigioni, etnologo e linguista, negli ultimi anni direttore del Museo Retico di Coira (vedi fig. 2), Raymond Christinger, studioso di Ginevra (1917-1981) etnologo e ricercatore di arte megalitica (fig. 9), Peter Vilhem Glob (1911-1985) forse il più famoso tra questi, archeologo danese e studioso dei cosiddetti bog men, le mummie trovate nelle torbiere, ma anche naturalmente autore di studi sulle scene di aratura incise sulle rocce in Danimarca, a seguito dei quali era giunto in Valcamonica per confrontarle con le nostre scene. Non mancano ovviamente gli italiani, il più noto dei quali rimane Emmanuel Anati, fondatore del Centro Camuno di Studi Preistorici. Una fotografia del 1957 di E. Süss ritrae l’Anati al lavoro con Maffessoli sulla roccia 50 del Parco Nazionale di Naquane a Capo di Ponte (fig. 10). Maffessoli continuò a collaborare con l’Anati anche dopo che Laeng e Süss rallentarono le loro attività in Valcamonica, come mostrano alcune immagini prese sulle rocce di Seradina, a quel tempo in corso di studio da parte del Centro Camuno di Studi Preistorici (fig. 11).
Maffessoli non eseguiva solo calchi, ovviamente, ma anche frottage e spesso ricercava nuove incisioni nei boschi attorno a Capo di Ponte, Nadro e Cimbergo.
Battista era anche orgoglioso del fatto che alcune delle persone che aveva accompagnato in gioventù venissero a volte a ricercarlo e a trovarlo. Ricordo un caso che lo impressionò molto, quello dell’arrivo dei figli di Bertogg con cui passò alcune giornate nel 2004, in memoria dei vecchi tempi (vedi fig. 12).
Dovremmo ricordare Battista Maffessoli anche per la sua vena artistica, un aspetto che non è stato ancora studiato appieno. Egli si esercitava non solo nella pittura (fig. 13), ma anche nella scultura in legno.
Angelo Eugenio FOSSATI
Cooperativa Archeologica Le Orme dell’Uomo – Cerveno (BS)
Leave a Reply