Personaggi dell’arte rupestre della Valcamonica: Giovanni Marini

Giovanni Marini era davvero instancabile e appena poteva conduceva in visita gruppi italiani – anche scuole – e stranieri interessati a vedere il Parco di Luine con le incisioni rupestri più antiche della Valle. Una rara fotografia scattata nell’ottobre del 1990 lo ritrae seduto sulla roccia n. 73 ed intento a illustrare alcune figure di mani, rappresentazioni tra le più rare del Parco.  (PDF available).

by Angelo Eugenio FOSSATI – Le Orme dell’Uomo



I personaggi dell’arte rupestre
della Valcamonica:
Giovanni Marini di Darfo Boario Terme

 

(January 31, 2023)

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Leggendo i volumi dedicati all’arte rupestre della Valcamonica è capitato diverse volte di osservare in alcune fotografie persone impegnate in lavori, soprattutto in quelli che riguardano le metodologie usate nello studio delle incisioni oppure nei capitoli dedicati alla storia delle ricerche, ma poi a ben cercare spesso le didascalie non citano chi siano queste persone.

Un bell’esempio viene da uno dei volumi più conosciuti di Emmanuel Anati, Luine, Collina Sacra del 1982, dove a pag. 165 (fig. 1) si nota un giovane uomo che sta colorando la roccia 30 – famosa per le numerose rose camune – con il cosiddetto “metodo neutro”, sistema con cui una superficie incisa veniva prima colorata di tempera bianca e quindi di nero, ma solo nelle parti non incise, per cui si creava un effetto a pellicola negativa di una vecchia fotografia in bianco e nero. Si trattava insomma di un metodo per evidenziare al meglio le figure incise.

Il giovane, che nell’immagine fotografica lavora alacremente su questa roccia, era Giovanni Marini (1942-1992). Nato a Gorzone, una frazione di Darfo Boario Terme, un abitato non lontano dal Parco di Luine, egli da piccolo veniva spesso nella zona, soprattutto nell’area delle cave di Pietra Simona – si tratta dell’arenaria locale, più precisamente facente parte del Conglomerato del Dosso di Galli del Permiano Inferiore medio-tardo, attorno ai 280 milioni di anni – dove suo padre Gioachino e suo nonno Annibale lavoravano come esperti scalpellini per la produzione di elementi lapidei pregiati. I più famosi monumenti realizzati in Pietra Simona si trovano nel Cimitero Monumentale di Milano, ma sin dal ’400 in Valcamonica la Pietra Simona era utilizzata per la realizzazione di portali, finestre, ponti e monumenti funerari. Questa bellissima roccia deve il suo nome proprio alla località Simoni da cui veniva estratta e lavorata.

Fig. 1. Giovanni Marini al lavoro sulla roccia 30 del Parco Archeologico Comunale di Luine (foto Centro Camuno di Studi Preistorici)

I Marini erano perciò artigiani esperti nella lavorazione delle pietre e infatti, originariamente, provenivano dal lago di Iseo dove lavoravano la pietra di Sarnico. Giovanni, dunque, da ragazzino era spesso mandato a portare da bere l’acqua al padre e al nonno alle cave, acqua che veniva raccolta in fiaschi dalla stessa fontanella ancora presente all’ingresso del Parco di Luine. Le cave si trovano nell’area appena sopra questa zona, dove ancora si possono osservare i resti delle lavorazioni, proseguite sino agli anni ’80 del 1900.

Giovanni si appassionò all’arte rupestre proprio in questo momento. Nel 1955, infatti, durante una di queste frequentazioni, incontrò Gualtiero Laeng – l’alpinista e geologo, scopritore dell’arte rupestre della Valcamonica e primo a pubblicarla nel 1914 – ed Emanuele Süss, allora direttore del Museo di Scienze Naturali di Brescia, che gli illustrarono le loro scoperte di incisioni rupestri, in particolare quelle sulle rocce della località Crape, tra cui la roccia 6 con numerose iscrizioni in alfabeto camuno. Giovanni ne rimane entusiasta e da quel momento cominciò a seguire i due studiosi e a frequentare la zona anche per osservare l’arte rupestre. La passione per la scultura, l’ornato e l’arte rupestre lo indusse ad iscriversi all’Accademia Tadini di Lovere, dove si diplomò a pieni voti e dove produsse alcuni disegni che ancora oggi sono appesi in casa in quadri che la famiglia mostra con orgoglio (fig. 2).

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Fig. 2. Finestra del Foro dei Mercanti di Bologna, disegno di Giovanni Marini (per gentile concessione dalla famiglia Marini)

È del 1968 l’incontro con Emmanuel Anati che iniziò lo studio della collina di Luine: Giovanni venne incaricato di seguire i cantieri di scavo archeologico (fig. 3) e le attività di rilievo delle incisioni rupestri (fig. 4) che si protrassero per alcuni anni a cura del Centro Camuno di Studi Preistorici. L’amicizia con il Prof. Anati e la conoscenza dei maggiori studiosi spinse Giovanni a frequentare ogni possibile occasione di incontro e collaborazione con gli amici del Centro Camuno. Nel settembre del 1972 partecipò come uditore al Valcamonica Symposium dove incontrò i colleghi con cui lavorava sulle rocce di Luine. La moglie Maria Grazia Gabossi in particolare ricorda la studiosa belga Martine Osterrieth (fig. 5), che lavorava con Giovanni sulla roccia 34 del Parco e che era spesso ospite a cena a casa loro.

Fig. 3. Giovanni Marini mentre prepara una zona per lo scavo nel Parco Archeologico Comunale di Luine (foto Centro Camuno di Studi Preistorici)

 

Fig. 4. Il Prof. Emmanuel Anati controlla i rilievi della roccia 40 del Parco Archeologico Comunale di Luine. Si riconoscono Giovanni Marini e due giovani volontarie (foto Centro Camuno di Studi Preistorici)

 

Fig. 5. Da sinistra: Giovanni Marini con la moglie Maria Grazia, Emmanuel Anati in piedi, Martine Osterrieth, Marco Tizzoni e Raffaele C. de Marinis ad una cena del Valcamonica Symposium a Boario Terme nel 1972 (foto Centro Camuno di Studi Preistorici)

Dovendo mantenere la famiglia – nel frattempo erano nati Alessandro e Mario – durante gli anni ’80 Giovanni iniziò a lavorare come operaio metalmeccanico all’Italsider di Darfo, almeno fino alla sua chiusura, ma appena riusciva si recava nel Parco e volontariamente collaborava alla sua gestione con tutta la famiglia. Nel 1989, infatti, sua moglie Maria Grazia fondò una piccola ditta che per 33 anni si è occupata della gestione tecnica del Parco, attività meritoria: il Parco è tenuto in modo impeccabile!

I miei ricordi di Giovanni Marini risalgono al periodo 1988-1992, quando iniziai la mia attività archeologica in valle. Quando visitavo Luine lo incontravo praticamente sempre, spesso in compagnia del cugino Raffaele Amoruso, allora comandante dei vigili di Darfo, anch’egli innamorato del Parco. Giovanni mi mostrava le sue scoperte, a volte si trattava di resti di costruzioni e, in qualche caso anche di rocce incise, come la roccia 104, una delle superfici più interessanti del Parco, nota per la presenza di alcune rose camune realizzate con una strana morfologia quadrilobata (figg. 6-7), coppelle cerchiate e stelle a cinque punte.

Fig. 6. Giovanni Marini mentre tratta con il metodo neutro la roccia 104 del Parco Archeologico Comunale di Luine da lui scoperta, con numerose rose camune (foto Centro Camuno di Studi Preistorici)

 

Fig. 7. Particolare della roccia 104 del Parco Archeologico Comunale di Luine con una rosa camuna e coppelle cerchiate (foto Archivio Le Orme dell’Uomo)

 

Giovanni era davvero instancabile e appena poteva conduceva in visita gruppi italiani – anche scuole, vedi fig. 8 – e stranieri interessati a vedere il Parco di Luine con le incisioni rupestri più antiche della Valle. Una rara fotografia scattata nell’ottobre del 1990 – due anni prima della sua improvvisa e prematura scomparsa – lo ritrae seduto sulla roccia n. 73 ed intento a illustrare alcune figure di mani, rappresentazioni tra le più rare del Parco (fig. 9).

Fig. 8. Lettera di condoglianze delle classi IV e V di Angolo Terme, 1992 (per gentile concessione della famiglia Marini)

 

Fig. 9. Giovanni Marini mostra le figure di mani sulla roccia n. 73 del Parco Archeologico Comunale di Luine (per gentile concessione della famiglia Marini)

 

Fig. 10. Maria Grazia Gabossi accoglie turisti al Parco Archeologico Comunale di Luine (per gentile concessione della famiglia Marini)

 

Fig. 11. Mario Marini presenta il Parco Archeologico Comunale di Luine ad alcune famiglie in visita (per gentile concessione della famiglia Marini)

 

In chiusura devo esprimere un sentito ringraziamento alla famiglia Marini-Gabossi per la collaborazione alla stesura di questo testo e per tutto l’encomiabile lavoro di manutenzione e accompagnamento alle incisioni rupestri (figg. 10-11) che ogni giorno per più di trent’anni hanno realizzato nel Parco Archeologico Comunale di Luine, seguendo le orme di Giovanni Marini, padre, marito ed amico sempre vivo nella memoria.

Angelo Eugenio FOSSATI
Cooperativa Archeologica Le Orme dell’Uomo – Cerveno (BS)

 

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