Personaggi dell’arte rupestre della Valcamonica: Giovanni Marro

Giovanni Marro (1875-1952) è senza dubbio la figura più discussa tra tutti i ricercatori dell’arte rupestre della Valcamonica nella prima metà del ’900. E’ importante sottolineare il ruolo dello studioso nell’ambito delle scoperte. Egli percorreva i boschi a piedi inoltrandosi nei castagneti dov’erano presenti le rocce incise – infatti è ricordato anche come “il grande camminatore” – e scopriva le figure rupestri rimuovendo l’humus, spesso con l’aiuto di persone del posto, tra le quali il Marro utilizzava soprattutto Giuseppe Amaracco di Capo di Ponte. (PDF available)

by Angelo Eugenio FOSSATI – Le Orme dell’Uomo



I personaggi dell’arte rupestre
della Valcamonica:
Giovanni Marro di Limone Piemonte

 

(January 31, 2023)

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Giovanni Marro (1875-1952; fig. 1) è senza dubbio la figura più discussa tra tutti i ricercatori dell’arte rupestre della Valcamonica nella prima metà del ’900. Nativo di Limone Piemonte (CN) dal padre Antonio (1840-1913), famoso psichiatra e antropologo, e fratello di Andrea (1872-1951), un noto chirurgo, dopo il Liceo Cavour di Torino intraprese gli studi di medicina e si laureò nel 1900 a Torino in Medicina e Chirurgia. Dopo aver seguito ulteriori studi di anatomia e fisiologia in Svizzera e in Francia, nel 1907 venne nominato medico primario e quindi Direttore del Laboratorio di Anatomia Patologica dell’Ospedale Psichiatrico di Collegno (TO).

Nel 1937 divenne Direttore Generale dei quattro Ospedali Psichiatrici di Torino-Collegno. Durante i suoi studi cominciò a sviluppare un certo interesse per l’antropologia culturale e l’archeologia, che si concretizzò negli anni ’10 del ’900 (1913-1920) e poi nel 1935 nella sua partecipazione come antropologo alle missioni di scavo in Egitto della Missione Archeologica Italiana, condotte prima da Ernesto Schiaparelli (1856-1928), e in seguito da Giulio Farina (1889- 1947), successore dello Schiaparelli nella direzione del Museo Egizio di Torino. Di queste missioni in Egitto rimangono numerose lastre fotografiche (circa 600; fig. 2) che documentano momenti di scavo, siti archeologici e materiale archeologico ed etnografico.

Fig. 1. Giovanni Marro in un disegno di Mario Lisa, 1959 (da Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino)

 

Fig. 2. Giovanni Marro studia una delle mummie egizie al Museo (foto Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino)

 

Insieme a Schiaparelli e Farina, Marro collezionò un’immensa raccolta di carattere antropologico (ossa, mummie ecc.) che andò a costituire il nucleo principale del Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino (MAET) aperto nel 1926. In quegli anni Marro venne anche incaricato dell’insegnamento di Antropologia per le Scienze Naturali presso l’Università degli Studi di Torino.

Ma in che modo Marro venne coinvolto negli studi dell’arte rupestre della Valcamonica? Come si sa i Massi di Cemmo, le prime rocce incise pubblicate nel 1914, furono scoperte dal geografo bresciano Gualtiero Laeng nel periodo 1902-1909. Nel 1917 Laeng descrisse le sue scoperte al prof. Roccati del Politecnico di Torino che a sua volta ne parlò al prof. Senofonte Squinabol (1861-1941; fig. 3), botanico e paleontologo, libero docente all’Università degli Studi di Torino e che aveva una figlia sposata a Cemmo in Valcamonica. Lo stesso Squinabol nel 1921 dunque, incuriosito dalla scoperta dei Massi, si portò al Pian delle Greppe a Cemmo ed eseguì fotografie e frottage delle figure incise sui massi, immagini che poi mostrò a Marro nel 1929. In quell’anno dunque, il Marro giunse per la prima volta a Capo di Ponte e iniziò lo studio del primo masso di Cemmo (Marro 1930); nel frattempo il secondo masso era stato seppellito dai detriti mossi dai contadini per spietrare l’attigua vigna e verrà scoperto solo con studi successivi (fig. 4).

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Fig. 3. Senofonte Squinabol nel 1898 (foto Biblioteca dell’Orto botanico, Università di Padova)

 

Fig. 4. Il Masso Cemmo 2 dopo la rimozione dei detriti, in una fotografia dell’Archivio Marro (da Brunod 1994)

 

I primi studi a Cemmo avvennero contemporaneamente a quelli di Paolo Graziosi (Graziosi 1929), studioso fiorentino che sarà il più importante ricercatore di arte preistorica in Italia durante la prima metà del ’900. Le notizie dei ritrovamenti di Cemmo convinsero la Regia Soprintendenza delle Antichità del Veneto, della Venezia Tridentina e della Lombardia ad inviare per indagini sul campo l’ispettore Raffaello Battaglia. Troppi professori per lo stesso argomento e infatti Marro, che era tra i tre lo studioso con più appoggi politici – diventerà Senatore del Regno nel 1939 – riuscì a convincere Graziosi a desistere dalle sue ricerche e a far contenere con l’aiuto del Ministero dell’Educazione – a cui afferivano gli studi archeologici – gli interessi di Battaglia prima e di alcuni studiosi tedeschi giunti in valle per l’Istituto Frobenius (1935-1937) e poi per la Deutsche Ahnenerbe (dal 1937), società antropologica fondata dal capo delle SS Heinrich Himmler nel 1935 per studiare le origini della razza ariana.

Il suo interesse per l’arte rupestre è chiaramente influenzato dalla sua professione di antropologo fisico e psichiatra: riconobbe la presenza di diversi stili artistici e quindi di diverse personalità artistiche; fu però anche il primo ad interessarsi a singoli temi quali le figure di animali e le iscrizioni preromane. Nella sua lunga attività “rupestre” durata quasi trent’anni Marro pubblicò una trentina di saggi sull’arte rupestre della Valcamonica, rivelandosi il più prolifico tra gli studiosi del periodo.

Ricordiamo Marro – e anche Battaglia – per essere stati i primi a presentare le loro ricerche al grande pubblico. Nel 1937 entrambi, infatti, parteciparono alla Mostra della Montagna di Breno (figg. 5-6) in cui esposero i risultati delle loro scoperte.

Fig. 5. Ingresso della Mostra della Montagna di Breno, 1937 (foto Archivio Simone Magnolini)

 

Fig. 6. Pannelli e calchi illustranti le ricerche di Marro alla Mostra della Montagna di Breno, 1937 (foto Archivio Simone Magnolini)

 

Se gli esiti scientifici delle ricerche di Marro sono oggi in gran parte da rigettare o completamente superati, è importante sottolineare il ruolo dello studioso nell’ambito delle scoperte (Marro 1932). Egli percorreva i boschi a piedi inoltrandosi nei castagneti dov’erano presenti le rocce incise – infatti è ricordato anche come “il grande camminatore” – e scopriva le figure rupestri rimuovendo l’humus, spesso con l’aiuto di persone del posto, tra le quali il Marro utilizzava soprattutto Giuseppe Amaracco di Capo di Ponte. Alcune delle sue scoperte sono ancora oggi molto importanti: per esempio la roccia 4 di In Valle – con i cervi che si scontrano e i grandi guerrieri con gli scudi a pelle di bue, fig. 7, riscoperti nel 1984-1985 – o la roccia 55 del Bial do le Scale con un famoso carro – ritrovato nel 1999 – rocce entrambe a Paspardo (figg. 8-9).

 

Fig. 7. Grande guerriero sulla roccia 4 di In Valle (foto dall’Archivio Marro per gentile concessione del progetto Gravado no tempo)

 

Fig. 8. Il carro di Paspardo, 1934 (foto dall’Archivio Marro per gentile concessione del progetto Gravado no tempo)

 

Fig. 9. L’incisione con il carro di Paspardo dopo il ritrovamento del 1999 (foto di A. Arcà, Archivio Le Orme dell’Uomo)

 

Molte di queste immagini provengono sia dalle pubblicazioni sopracitate sia da un archivio nascosto dallo stesso Marro nel 1945 nel Museo di Antropologia di Torino e rinvenuto durante lavori di ristrutturazione solo alla fine degli anni ’80 del 1900, anche grazie alle ricerche di Tiziana Doro e Giuseppe Brunod. L’occultamento dell’archivio del Marro, costituito da manoscritti, da pubblicazioni e soprattutto da migliaia di lastre fotografiche su vetro – quelle che riguardano la Valcamonica sono circa 700 – è dovuto alla preoccupazione dello studioso che l’archivio venisse distrutto per motivi politici dopo la fine del fascismo, a cui il Marro stesso aveva entusiasticamente partecipato, firmando anche le famose leggi razziali.

Il Marro si interesserà ancora della Valcamonica, ma le sue pubblicazioni dopo il periodo bellico e il suo reintegro al Museo si limitano a tre titoli editi tra il 1946 e 1947, e si tratta solo di lavori riassuntivi delle sue precedenti ricerche.

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Fig. 10. Targa commemorativa di Giovanni Marro al Comune di Capo di Ponte (foto Archivio Simone Magnolini)

 

Fig. 11. Savina Fumagalli (foto Museo di Antropologia ed Etnografia di Torino)

 

Giovanni Marro morì a Torino il 20 luglio 1952 (fig. 10) lasciando la direzione del Museo di Antropologia ed Etnografia alla sua allieva, Savina Fumagalli (fig. 11; 1904-1961), la quale nei primi anni ’50 si era brevemente occupata anche dell’arte rupestre della Valcamonica. La si ricorda soprattutto per avere pubblicato il Dos delle Strie di Sonico, poi denominato Coren delle Fate.

Angelo Eugenio FOSSATI
Cooperativa Archeologica Le Orme dell’Uomo – Cerveno (BS)

 

Bibliografia

Brunod G. 1994. L’archeologia camuna e le scoperte di G. Marro attraverso la stampa dell’epoca, NAB – Notizie Archeologiche Bergomensi, 2: 121-128.

Graziosi P. 1929 [redatto nel maggio 1930]. Le incisioni preistoriche di Val Camonica, Archivio per l’Antropologia e la Etnologia, LIX: 105-112, IX tavv.

Marro G. 1930. Arte rupestre zoomorfica in Val Camonica, Rivista di Antropologia, 29: 209-243.

Marro G. 1932. Il grandioso monumento paletnologico di Valcamonica, Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino, LXVII, disp. 1ª e 2ª: 413-489.

 

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